Roma 27 e 28 settembre 2008
"Il coraggio di essere cristiani autentici"
Ci sono giorni che si vorrebbe non finissero mai. Attimi che restano nell’anima dandole forza e speranza. Giorni così, attimi così, sono stati quelli vissuti dai partecipanti al VI° raduno tenutosi a Roma il 27 e il 28 settembre scorsi. Sorprese, emozioni, riflessioni e tanta allegria hanno lasciato un segno indelebile nel cuore di tutti. Non è stata soltanto la gioia di ritrovarsi tra vecchi amici e di scoprirci a essere sempre di più a voler ricordare il nostro amato Don Albino a rendere l’incontro indimenticabile. Sono stati tanti piccoli - ma grandi - eventi a far sì che la due giorni all’ombra del Cupolone abbia davvero sfiorato la perfezione. Sin dall’inizio. Che il nostro gruppo fosse ormai internazionale si sapeva, ma il vedere tra noi una ragazza proveniente da Francoforte sarebbe stato, infatti, solo il primo di tanti brividi. Il successivo si sarebbe svelato a poco a poco, lasciandoci di stucco. Tutti quanti, in effetti, eravamo rimasti intrigati, al momento delle presentazioni, da una coppia giunta in maniera del tutto inattesa dalla Puglia. Marito e moglie piuttosto taciturni, quasi misteriosi. La curiosità nei loro riguardi non ci aveva comunque impedito di immergerci nella preghiera comune e nel successivo approfondimento del pensiero di Luciani. Il tema di quest’anno, tratto da un’omelia dell’allora Patriarca di Venezia del 19 marzo 1977, peraltro straordinariamente attuale, non avrebbe potuto essere più impegnativo e stimolante. Dibattere sul come essere cristiani autentici in una realtà come quella odierna aveva finito così con lo scaldare gli animi e indurre molti a interrogarsi sul proprio modo di vivere il legame con Cristo e il Vangelo. Una breve pausa per il pranzo e poi partenza per la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, una scelta non casuale, ovviamente. Lì saremmo andati incontro a un fuoco d’artificio di emozioni che neanche la più fervida delle fantasie avrebbe potuto concepire. A partire dalla rivelazione su chi fosse quel signore accompagnato dalla moglie che ci aveva raggiunto dalla Puglia. Si trattava di colui che, in breve, si potrebbe definire “il miracolato”, l’uomo la cui guarigione improvvisa e inspiegabile da un male incurabile porterà, molto probabilmente tra breve, Papa Giovanni Paolo I alla beatificazione. Per noi, però, sarà per sempre solo un amico con la sua presenza discreta, il suo sguardo commosso continueranno a dirci che Albino, da Lassù, ci è accanto e ci sorride come solo lui sapeva fare. Nemmeno il tempo di riprenderci dalla sorpresa ed ecco il momento della testimonianza. Altro colpo di scena: con noi sarebbe stata Lina Petri, figlia di Antonia e una delle nipoti più giovani di Luciani. Solitamente restia a narrare in pubblico il suo vissuto con il celebre zio si sarebbe rivelata invece un fiume in piena di ricordi e aneddoti, dandoci di lui un’immagine tenera e affettuosa, forse ancor più “intima” rispetto a quella consegnataci, nei precedenti incontri, dalla cugina Pia, ma proprio per questo suo ideale completamento. Spostatici all’interno della Basilica mancava la ciliegina sulla torta di una giornata intensissima: sentire la voce di Giovanni Paolo I. In un profondo silenzio veniva riproposta l’ultima sua udienza, dedicata alla Carità, tenutasi proprio trent’anni prima, il 27 settembre ’78. Non pochi tra noi finivano col dover cedere alla commozione, una commozione che si sarebbe ripetuta in tarda serata, alla consegna del “segno”. Un Vangelo per ognuno di noi, il pregare assieme ricordandoci che è la Speranza a tener vive le fiammelle della pace, della fede, dell’amore e dell’umiltà, così insidiate al giorno d’oggi, avrebbero rappresentato un buon viatico per la notte, prima di affrontare un’altra giornata da brividi. Brividi non solo per la temperatura assai rigida che ci avrebbe accolto la Domenica mattina in Piazza S.Pietro. Perché partecipare alla Santa Messa proprio lì, nelle Grotte Vaticane, accanto al nostro amico Don Albino e nel trentesimo anniversario del suo ritorno al Padre, sarebbe stata un’esperienza destinata a stamparsi nell’animo di noi tutti. Inutile sottolineare come che l'emozione era in ognuno di noi, e nel cuore aveva un pensiero, una preghiera, un momento di meditazione, oppure teneva fra le mani un fiore da offrire: attimi di silenzio commosso e commovente a far capire a chiunque passasse in quel luogo che Luciani non è solo un ricordo ma è un esempio vivo e presente. Dopo una visita alle stanze più nascoste delle Grotte e un paio d’ore di “libera uscita”, ci ritrovavamo in piazza per seguire dai maxischermi l’Angelus di Ratzinger da Castel Gandolfo. Confesso che la mia convinzione, peraltro condivisa da altri, era che Benedetto si sarebbe limitato a far memoria del predecessore. Non sarebbe andata così. Il fuoco d’artificio finale, infatti, era rappresentato proprio dalla scelta del Papa di incentrare l’intero messaggio sulla figura di Albino Luciani, delineandone i tratti essenziali in maniera mirabile, davvero completa. Una scelta che ci lasciava senza fiato, con le lacrime agli occhi. Migliore conclusione del nostro raduno non avrebbe potuto esserci, anche perché l’enorme lavoro di Max, Betty e Andrea e l’apporto di Luigi Felicioni e di Maurizio Anastasi meritavano un successo del genere. E, se al momento dei saluti, il groppo in gola era inevitabile, nel cuore restava la sensazione di aver sperimentato davvero un angolo di Paradiso, in quei due giorni intensi e luminosi vissuti nel nome di un uomo tanto vicino a Dio da prenderci per mano e portarci, uno per uno, pur nelle nostre peculiarità, sulla strada giusta verso il Regno.
Paola Gottardi, coordinamento generale Amici di Papa Luciani
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